Il pavimento maiolicato nella Sala della Stufa a Palazzo Pitti
Negli ultimi anni si è preso a studiare il problema, lungamente accantonato, delle origini del pavimento di questa sala, posato in opera probabilmente agli inizi del 1627, nel momento in cui veniva realizzato l’ambiente situato al piano nobile del palazzo all’estremità nord, destinato a svolgere la funzione di loggia. Era stato il granduca Cosimo II, nel 1618, a incaricare l’architetto e scenografo-paesaggista Giulio Parigi di sovraintendere a questi ampliamenti della reggia.
La struttura, già ultimata nel 1625, venne chiusa appena due anni dopo con una vetrata a filo interno, sostituita sul finire del Settecento con due finestre allineate al profilo esterno dell’ambiente, che da loggia aperta, divenne una sala riscaldata. Anche se questa ebbe molto tardi una destinazione museale, il transito sempre più intenso che ne seguì mise in luce la fragilità della superficie smaltata e già nel 1816 l’intero pavimento venne stuccato e ridipinto a freddo. Fu un restauro precario che presto si dissolse, tanto che nel 1870 il ceramologo inglese Fortnum poté leggere su una mattonella la firma dell’esecutore: “Benedetto Bocchi fecit”.Con l’avvento della dinastia sabauda e un più intensa frequentazione del palazzo, il grado di usura doveva ormai produrre ormai un disturbo intollerabile e così, nel 1914, la fabbrica fiorentina di ceramiche artistiche Ulisse Cantagalli venne incaricata di sostituire il pavimento riproducendo fedelmente ciò che ancora si vedeva. Così fu fatto, reiterando in modo inevitabilmente monotono sull’intera superficie i pochi elementi leggibili, ormai quasi ovunque mancando la decorazione smaltata.
Venne salvata in gran parte e lasciata in opera la parte centrale, con l’allegoria della Vittoria, che si era meglio conservata perché protetta da basamenti di statue a lungo esposte nella sala e parte delle cornici perimetrali. Dopo quasi novant’anni, nonostante la cautela impiegata nella conservazione, anche il rifacimento Cantagalli mostra ora i segni di una certa vetustà. Pochi anni fa, Detlef Heikamp individuò nei depositi del palazzo un grosso pacco di mattonelle accuratamente stivate che si sono rivelate essere gli elementi originali del pavimento monte lupino, smontato novant’anni or sono in occasione del restauro. Occorre valutare l’importanza di questo rinvenimento.
Il pavimento che oggi si vede è composto da 2116 pezzi, a parte certe frammentazioni perimetrali, fabbricati per la maggior parte da Cantagalli; fanno eccezione i 76 originali presenti nella scena centrale con la Vittoria e i 539 rimasti in opera lungo le pareti. Le mattonelle antiche sostituite e oggi recuperate, comprese i frammenti significativi, sono 1469, delle quali ben 621 completamente nude o con un decoro non leggibile.